Onorevoli Colleghi! - La previsione contenuta nell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui, secondo cui «Il diploma di laurea in scienze motorie è equipollente al diploma di laurea in fisioterapia, se il diplomato abbia conseguito attestato di frequenza ad idoneo corso su paziente, da istituirsi con decreto ministeriale, presso le università», propone diverse questioni estremamente delicate.
      Tali disposizioni, infatti, oltre ad apparire contrarie alla Costituzione, alle direttive europee e a ogni normativa vigente in Italia, sono in stridente contrasto con il testo della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali, approvata definitivamente il 24 gennaio 2006, pochissimi giorni prima della legge di conversione del citato decreto-legge n. 250 del 2005, dalla stessa Camera dei deputati.
      Più specificamente, il citato articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005 presenta evidenti profili di incostituzionalità in quanto interviene con una norma di dettaglio sull'esercizio delle professioni sanitarie, materia in cui, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, allo Stato è demandata la determinazione dei princìpi, mentre spetta alle regioni la potestà

 

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legislativa di dettaglio. La competenza regionale è stata confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 424 del 2005 e appare rispettata nell'assetto normativo delineato dalla citata legge n. 43 del 2006, sulle professioni sanitarie, che prevede accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni. Le norme dell'articolo 1-septies presentano poi evidenti profili di contrasto con le disposizioni dell'Unione europea sulla formazione universitaria e della recente direttiva europea 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, e forti contrasti con il decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178, articolo 2, comma 7, che disciplina il profilo dei laureati in scienze motorie, non abilitandoli all'esercizio di attività sanitarie. Il corso di laurea in scienze motorie, d'altronde, non è sicuramente aderente al profilo professionale approvato dal decreto del Ministro della salute per la formazione dei fisioterapisti.
      Il provvedimento in oggetto, inoltre, rende inefficace la programmazione annuale nazionale per l'accesso ai corsi di laurea in fisioterapia, disposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di dati regionali. Infine, in via generale, si finisce di fatto per affidare la salute dei cittadini a personale non sanitario.
      L'unica possibile «equipollenza» dovrebbe prevedere: il superamento del concorso di ammissione nell'ambito dei posti programmati; il riconoscimento di crediti formativi (come per qualsiasi altro corso di laurea con una qualche attinenza); la frequenza di ciascuno dei tre anni del corso, per poter conseguire il relativo attestato; il superamento dell'esame finale di laurea abilitante alla professione, con la presenza in commissione di rappresentanti della professione. Non si comprende quindi come un corso di laurea che non risponde a nessuno dei requisiti «europei» possa essere reso equipollente con la semplice frequenza di un «idoneo corso su paziente». La norma appare quindi del tutto impropria, e comunque il decreto ministeriale conseguente dovrebbe prescrivere il rispetto di tutti i requisiti sopra illustrati (superamento dell'esame d'ingresso nell'ambito di una programmazione, valutazione dei crediti formativi, frequenza e superamento del tirocinio triennale, superamento dell'esame di laurea abilitante). Solo se i curricula formativi dei laureati in scienze motorie e dei laureati in fisioterapia fossero interamente identici le due lauree sarebbero «intercambiabili»: ma se così fosse, non avrebbero ragione di esistere due diversi corsi di laurea, con due diversi iter formativi preposti alla formazione di due diversi professionisti, uno sanitario e uno non sanitario! Ne consegue che nessuna equipollenza è possibile, perché solo ed esclusivamente il conseguimento della laurea in fisioterapia con tesi finale e discussione di tesi è abilitante alla professione sanitaria di fisioterapista. Infine, e ancora più sostanzialmente, l'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005 è estremamente contrario a qualsiasi criterio di ragionevolezza, a ogni forma di logica e al più comune buon senso, considerata la particolare delicatezza della figura sanitaria professionale del fisioterapista, in quanto dedicata a compiere una funzione particolarmente importante nella riabilitazione dei pazienti. Tutti noi sappiamo bene quanto una terapia riabilitativa più o meno corretta possa risultare estremamente benefica o, invece, pericolosamente negativa per la salute del cittadino. È di tutta evidenza che si tratta di una materia eminentemente sanitaria, che riguarda una figura professionale - quella del fisioterapista - della quale lo stesso Parlamento, approvando la citata legge n. 43 del 2006, ha voluto riconoscere la particolare importanza, prevedendo addirittura la creazione di un apposito ordine professionale. Per tutte queste ragioni si propone l'abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005.
 

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